Fra calcio e cronaca

dscn0804Sui canali social del Napoli l’allenatore Rino Gattuso ha lasciato un messaggio attraverso un video: “Volevo fare un saluto a tutti gli italiani e a tutti gli italiani e tifosi del mondo. Stiamo attraversando un momento non bellissimo, vi chiedo di restare a casa perché è fondamentale, perché ci sono i nostri dottori e i nostri infermieri che stanno facendo un grandissimo lavoro. Dispiace per chi ci ha lasciato e per questo bisogna rispettare le regole. So che è difficile ma serve uno sforzo da parte di tutti”.-tuttonapoli.net-
Il Napoli ci riprova per un vecchio obiettivo per la corsia mancina. Si tratta di Santiago Arias, vicino al Napoli ai tempi del PSV prima dell’irruzione dell’Atletico Madrid che fece saltare il bianco. Secondo il Corriere dello Sport può tornare una tentazione anche perché, scrivono da quelle parti, all’Atletico Madrid può interessare Arkadiusz Milik. Scenari da cui è uscito fuori anche un altro pupillo, Sime Vrsaljko, 28 anni anche lui e che come Arias il Napoli credeva di aver comprato dal Sassuolo prima dell’inserimento degli spagnoli. -tuttonapoli.net-
Stipendi congelati 3 mesi, la strategia della Lega che non piace a Tommasi titola il Corriere della Sera nelle pagine sportive, raccontando che l’AIC lunedì riceverà il piano della Lega: dovrebbe prevedere la sospensione degli emolumenti nei mesi di marzo, aprile e maggio. Una mossa, fanno sapere da via Rosellini, inevitabile perché non ci sono soldi in cassa. L’AIC teme “una specie di cavallo di troia per arrivare al taglio deciso degli stipendi. In fondo, fa notare il sindacato, per pagare i mesi che le società vorrebbero congelare c’è tempo sino a maggio. Inoltre, sulla mensilità di marzo Tommasi e soci non transigono: qualche club ha giocato, qualche altro si è allenato per alcuni giorni e 7 sono stati in quarantena”. I giocatori sono pronti al taglio, ma bisogna quantificarlo ed accordarsi. L’idea è di accettare un mese, massimo 45 giorni.-tuttonapoli.net-

In un’intervista al Corriere dello Sport, Carlo Ancelotti ha parlato dell’emergenza Coronavirus e di come cambierà la nostra vita anche dopo la pandemia: “Ciò che conta adesso è contrastare efficacemente il virus, lo ripeto. Poi, certo, se sarà possibile proseguire la stagione, bene, altrimenti amen. Noi tutti stiamo vivendo una vita alla quale non eravamo abituati e che ci cambierà profondamente. Dovremo darci tutti una bella ridimensionata, a cominciare dal calcio. Sento parlare di taglio degli stipendi, di sospensione dei pagamenti. Mi sembrano soluzioni inattuali, intempestive. Presto cambierà l’economia, e a tutti i livelli, i diritti televisivi varranno di meno, i calciatori e gli allenatori guadagneranno di meno, i biglietti costeranno di meno perché la gente avrà meno soldi. Prepariamoci a una contrazione generale”.tuttonapoli.net
Andrea Petagna, attaccante della Spal ma di proprietà del Napoli, ha scritto un post sui social: “L’amore è l’unica luce in questi giorni bui. Grazie a tutti quelli che hanno contribuito e stanno contribuendo alla raccolta fondi che ho lanciato: #NonLasciamoIndietroNessuno .
Abbiamo raccolto, insieme, più di 430 mila euro. Alcuni di questi sono già andati all’Ospedale Niguarda, dove con 200 mila euro abbiamo comprato queste 3 postazioni per la terapia intensiva. Gli altri andranno all’Ospedale di Lecco, Monza, Ascoli Piceno e tanti altri. Non ci fermiamo. Grazie! La storia ci insegna che non c’è fine all’orrore, la vita ci insegna che vale solo l’amore!”.
«Lo Stato non può intervenire sul taglio degli stipendi dei calciatori», a gridarlo ad alta voce è Enrico Fedele, ex dirigente sportivo e oggi opinionista tv. Il famoso agente dei fratelli Cannavaro ci tiene a fare chiarezza su un aspetto che conosce molto bene avendo una grande conoscenza calcistica. «Mi spiace leggere certe cose ma non ci possono essere decreti ministeriali che tolgono i soldi a soggetti privati. In questo caso i calciatori», ha tenuto a precisare l’ex manager.

Allora Fedele ci spiega meglio la situazione? «Qualcuno è convinto che lo Stato possa intervenire con un decreto imponendo ai calciatori una riduzione dei compensi. Non esiste. Lo Stato non ha diritto sui soggetti privati ma su quelli pubblici. Mi costa dirlo ma il Napoli deve prendere esempio dalla scelta della Juventus».

Come? «Beh non è stato un caso che Chiellini da capitano abbia detto ai suoi compagni di trovare un accordo con la società per un’eventuale riduzione degli stipendi. Prima di tutto c’è da capire se i calciatori in questo momento sono in ferie o meno. Se lo sono allora queste quattro settimane di marzo vengono pagate».

Partiamo dal presupposto che il campionato non si concluda…. «La situazione sarebbe gravissima poichè le società dovrebbero rimborsare i mesi non giocati alle tv e agli sponsor. Verrebbe a mancare una cifra importante. Ecco che si chiederebbe ai calciatori il taglio degli stipendi non essendoci prestazioni. Ma sarà a discrezione del club e naturalmente dai diretti interessati. Si andrebbe davanti ad un Collegio Arbitrale che stabilirà il tutto».

Invece se si giocherà? «Allora marzo verrà congelato e poi pagato eventualmente tra tre mesi. Aprile i calciatori lo potrebbero anche abbonare visto che non ci si allena e non si gioca. Ma poi i soldi arriverebbero lo stesso poiché si andrebbe in campo fino a luglio. Naturalmente se un calciatore vorrà fare una donazione è un problema del singolo. Fa parte di una contrattazione. Può anche dire mi pagate a settembre per andare incontro al presidente».

Ma se i calciatori potranno allenarsi cosa accadrà? «Servono le garanzie sanitarie richieste dal decreto. Se non ci fossero i giocatori potrebbero anche decidere di non lavorare ai centri sportivi».

Lo Stato, però, potrebbe fare altro per salvare il mondo calcio? «Può optare per la defiscalizzazione ritardando i pagamenti Irpef. Potrebbe sburocratizzare l’acquisto delle strutture sportive permettendo ai club di diventare proprietari degli stadi dove giocano».

Di sicuro tante cose cambieranno…. «Se si gioca fino ad agosto la sezione di mercato potrebbe essere unica fino a dicembre. Si dovrebbe rivedere la legge 91 permettendo alla serie C di diventare semiprofessionistica. Può darsi che questa sciagura faccia ripartire il calcio. Se tutto le società sono indebitate devono rivedere qualcosa. Ad oggi solo il Napoli può vantare una posizione economica solida che non creerà problemi nella prossima stagione».tuttonapoli.net
ROMA- Coronavirus: in casa almeno fino al 20 Aprile. Pochissimo ma sicuro. Sicuro che le attuali misure e disposizioni (quelle da 11 marzo in poi e che scadrebbero il 3 di aprile) saranno prorogate di almeno due settimane e quindi arriveranno di fatto e di diritto almeno fino a lunedì 20 aprile (impensabile, se mai ci sarà, anche un minimo allentamento nel fine settimana 18/19 aprile).

Pochissimo ma sicuro che l’attuale vita, la vita che neanche 20 giorni neanche immaginavano fosse possibile pensarla, la vita che oggi viviamo durerà fino al 20 aprile, almeno. Un almeno enorme e incombente. Perché se anche dal 20 aprile il contagio e l’epidemia avessero allentato e di non poco la morsa, l’allentarsi del lockdown sarà per gradi, gradini. E gradini molto bassi.

Prima ci saranno, quando ci saranno, allentamenti sulla disciplina che ha fermato circa il 75 per cento delle aziende italiane. Per prima cosa occorrerà tornare al lavoro, far tornare al lavoro. Il primo gradino è questo. E dal primo gradino al secondo passerà altro tempo.

Il secondo gradino sarebbe riaprire le scuole, ma lo salteremo. Riaprire le scuole vorrebbe dire a maggio riaprire tutto in termini di movimenti e circolazione delle persone. Non ce ne saranno a maggio le condizioni,

Il terzo gradino sarà riconquistare la condizione per uscire di casa. Non solo per la spesa, farmacia…Riuscire di casa e basta. Appuntamento (il primo e non è detto che ciò che aspettiamo arrivi puntuale) a maggio. Seconda metà di maggio. Riuscire di casa. Ma non per il cinema, il ristorante, la spiaggia, il parco tutti insieme appassionatamente. Uscire di nuovo, tornare a uscire di casa a maggio inoltrato e con mascherina. E non per andare dovunque e comunque. Per capirci, riconquistare passeggiata libera ma non molto, forse niente di più.

E neanche tutti: è molto probabile che sopra una certa soglia di età saremo pregati di restare/tenuti in casa.

Pochissimo ma sicuro. Il grosso, il tantissimo enormemente non sicuro viene dopo, sarà il dopo. I soldi, ogni forma che i soldi hanno (risparmi, investimenti, botteghe, aziende, fabbriche, negozi, salari, posti lavoro) sono già e saranno malati, molto malati per due anni. Almeno due anni.

Quella che si chiama recessione (e cioè meno produzione, lavoro, redditi) sarà profonda e lunga. Due anni, almeno.

Caduta del Pil prevista (prevista si fa per dire, nessuno sa ma un meno 10 per cento del Pil 2020 è plausibile) attraverserà tutto l’anno e abiterà anche il prossimo. Almeno.

In realtà nessuno lo sa, mai l’umanità ha sperimentato su scala planetaria uno spegnimento prolungato e a rotazione-contagio continente per continente della produzione di beni, valori e redditi. Nessuno è in grado di misurare le dimensioni temporali di quella parola, almeno. Coronavirus cesserà l’assalto ai nostri corpi probabilmente entro il 2020, continuerà ad assaltare e ad ammalare la nostra vita per molto di più, forse due anni. Almeno. blitzquotidiano.it

VERONA – Il medico del pronto soccorso della provincia di Verona riassume il timore di quanti ogni giorno combattono il coronavirus. “Abbiamo paura di morire”, dice ai microfoni di Radio Cusano Campus. Ma la paura più grande è un’altra, quella che a star male possano essere le loro famiglie.

La dottoressa Lucia Frigo, medico di pronto soccorso dell’ospedale Pederzoli di Peschiera del Garda, è intervenuta ai microfoni della trasmissione “Cosa succede in città” condotta da Emanuela Valente su Radio Cusano Campus.

Sulla situazione nel suo ospedale, ha detto: “E’ dura perché il mio ospedale è proprio al confine tra il Veneto e la Lombardia, sia da un lato che dall’altro ci sono molti casi quindi è molto difficile sia professionalmente che umanamente. Spesso lavoriamo anche 12 ore di fila”.

E aggiunge: “Nei pronto soccorso arrivano sia i pazienti che hanno il Covid o si sospetta che ce l’abbiano, ma c’è anche il resto dei pazienti che ci sono tutto l’anno e non sono diminuiti. C’è il nonnino che magari è scivolato e s’è rotto il femore, c’è il signore con l’infarto o con l’ictus, c’è chi ha la polmonite ma non il covid. Fuori dal nostro ospedale c’è il triage che separa i pazienti che hanno il covid da quelli che hanno le altre patologie in modo che non vi sia il rischio di contagio”.

Sulle condizioni di sicurezza, la Frigo racconta: “I dispositivi di protezione sono ‘misurati’. Si cerca di rispettare il diktat dell’Oms, a tutti i pazienti viene fornita una mascherina chirurgica, noi indossiamo occhiali personali che poi puliamo con i disinfettanti. Abbiamo mascherine chirurgiche anche noi, ma nel caso dovessimo fare procedure come l’intubazione viene fornita anche una ffp2 che sono quelle mascherine con il filtro. Abbiamo i camici appositi, ma vengono dati solo a chi viene in contatto con il paziente. E poi abbiamo i guanti che vengono dati anche ai pazienti. Diciamo che rispetto ad altre zone non siamo messi male da questo punto di vista. La sanità del Veneto è un’ottima sanità, poi ci sono sempre margini di miglioramento”.

Sui tamponi, invece, dice: “Noi non l’abbiamo fatto il tampone in ospedale, viene fatto solo a chi è sintomatico. Forse sarebbe giusto farlo a tutto il personale medico perché, per quanto uno possa mettere le protezioni, la certezza di non essere infetti non ce la puoi avere. E’ anche vero che se risultassi positiva e non andassi a lavorare, chi ci va al posto mio?”

E poi il più grande timore: “Abbiamo paura da morire, per noi ma soprattutto per le nostre famiglie. Io ho chiesto a mio marito di andare via di casa perché non me la sentivo di averlo li.. Non siamo eroi, siamo professionisti e lavoratori come tutti gli altri. Siamo sempre umani e abbiamo bisogno d’aiuto. Ora per tutti siamo eroi, non vorrei che poi tra qualche mese la cosa venisse dimenticata e si tornasse come prima. Fino a qualche mese fa eravamo quelli che venivano presi a botte e a male parole nei pronto soccorso”.

(Fonte Radio Cusano Campus)

ROMA – Nuovo record di vittime da coronavirus in Spagna. I morti sono 832 in 24 ore. Il totale sale così a 5.690. Ne danno notizia le autorità spagnole. Il ministero della Salute di Madrid, citato dal Pais, comunica che i contagiati sono 72.248, i ricoverati 40.630, 4.575 quelli in terapia intensiva e 12.285 i guariti dimessi.

I quasi 10 mila operatori sanitari positivi al Covid-19 poi rendono ancora più difficile la battaglia negli ospedali, sempre più vicini al collasso soprattutto a Madrid dove i decessi in un giorno sono stati 322, nonostante le misure straordinarie messe in campo.

La speranza viene riposta in quel 14 per cento di incremento dei contagi che è la crescita minore, in percentuale, degli ultimi 15 giorni.

“La situazione a Madrid è terribile – racconta suor Luisa Lopez Leon Santiago della congregazione ‘Figlie di Santa Maria della Provvidenza’, in un’intervista a InBlu Radio, il network delle radio cattoliche della Cei – Noi credevamo che il nostro sistema sanitario fosse il migliore del mondo, adesso è invece al collasso totale. I nostri governanti non credevano quanto fossero importanti le conseguenze di questo virus. Siamo arrivati tardi”.

Il governo spagnolo ha intanto mandato indietro all’azienda cinese Bioeasy, dalla quale li aveva acquistati, i primi 9.000 test rapidi che si sono rivelati inefficaci. Un nuovo colpo alla corsa contro il tempo per velocizzare i tamponi che consentono di identificare la positività alla malattia.

E nel disperato tentativo di dotare i posti letto creati nelle strutture riconvertite e negli ospedali da campo dei presidi essenziali, l’esecutivo di Pedro Sanchez sta mettendo a punto un piano per reperire centinaia di ventilatori che giacciono inutilizzati nelle cliniche private, comprese quelle estetiche e veterinarie. Accanto alla prima linea degli ospedali c’è quella della politica che si muove sul doppio binario della richiesta della solidarietà europea sul fronte che vede la Spagna accanto a Italia e Francia, oltre ad altri Paesi Ue, e delle garanzie interne ai cittadini che temono lo spettro del disastro economico.

Fonte: Ansa.

BERGAMO- Antonio Percassi, imprenditore che è il presidente dell’Atalanta dei miracoli, è stato intervistato da RTL 102.5 per parlare del dramma che sta vivendo la città di Bergamo, una delle più colpite dal coronavirus.

Le dichiarazioni di Percassi sono riportate da sportmediaset.mediaset.it.

“Noi, come popolo siamo abituati a non mollare. Bergamo non deve mollare, quella bergamasca è gente un po’ chiusa ma tanto generosa ed è abituata a lottare senza mollare mai, anche se è una cosa che non si è mai vista e non si è mai verificata.

A me interessa, anche come società – aggiunge Percassi – mandare un abbraccio a tutti quelli che stanno soffrendo e fare un grande ringraziamento a tutti i medici e gli operatori del settore che stanno facendo un lavoro incredibile.

Sono stato in un ospedale e quando sei lì sembra un brutto sogno, ti viene solo da piangere e per fortuna ci sono queste persone che stanno facendo dei miracoli”.

“La sto vivendo molto male – ammette Percassi – è una tragedia incredibile, è un virus che ci sta portando la nostra generazione più bella.

Noi abbiamo avuto otto casi di persone che lavoravano per l’Atalanta ed è stata una cosa molto triste e dura, ma sta toccando anche i giovani Siamo di fronte a una bomba sanitaria, un nemico trasparente, sta diventando una guerra mondiale.

Le immagini dei camion dell’esercito incolonnati davanti il cimitero di Bergamo resteranno per sempre nel cuore di noi bergamaschi.

Il legame tra il calcio e la città, l’Atalanta e i suoi tifosi, è qualcosa di incredibile e – prosegue Percassi – l’Atalanta quest’anno ha regalato grandi soddisfazioni.

Sì, è un legame speciale, particolare, i nostri tifosi sono incredibili soprattutto nei momenti di estrema difficoltà, c’è un’alchimia speciale.

Mi auguro che quanto conquistato dall’Atalanta in questi anni possa strappare un sorriso al popolo che ci segue in questi giorni difficili”.blitzquotidiano.it

ROMA – Dario Marcolin, ex calciatore della Lazio e attuale commentatore tecnico di Dazn, ha ricordato il papà Giancarlo, morto di coronavirus, nel corso di una lunga intervista rilasciata ad Ivan Zazzaroni per corrieredellosport.it.

“Gli ultimi due giorni non ha più risposto, era sensibilmente peggiorato. Chiamavamo il reparto e le risposte erano “è stabile”, “non bene”, infine “non è cosciente“.

Una discesa inarrestabile. Quando abbiamo chiesto se fosse questione di ore o di giorni, ci hanno detto “di ore”. Gianca se n’è andato in due settimane, è morto mercoledì, era entrato in ospedale, alla nuova Poliambulanza di Brescia, giovedì 12.

Prima un po’ di febbre. Era un soggetto a rischio, e non solo perché aveva 75 anni. Pesava centocinquanta chili, era un omone di oltre un metro e ottanta e soffriva di ipertensione. Il virus ha trovato terreno fertilissimo.

Nei primi giorni quelli dell’ospedale ci avevano suggerito di monitorarne le condizioni a casa.

Al quarto giorno di febbre, 39 e mezzo, quaranta, mio fratello, che lavora nella cosmetica, si è fatto dare dalla socia la macchinetta che misura la saturazione dell’ossigeno nel sangue.

Il valore minimo è 92, mio padre aveva 78. Quando l’abbiamo comunicato all’ospedale sono andati a prenderlo immediatamente. Aveva con sé il cellulare. Sì, lo sentivamo con una certa frequenza, si toglieva la mascherina di Venturi, quella per l’ossigenazione, e ci parlava.

Pian piano le telefonate si sono diradate e accorciate. Dopo trenta secondi non ce la faceva più. Quando è peggiorato sono ricorsi alla morfina sottocutanea, non accettava la maschera, quella che volgarmente chiamano da palombaro, Non la tollerava proprio.

Diceva che un minuto con quell’aggeggio sembra un anno. Eravamo preparati al peggio. Ma il peggio non è mai come te lo immagini.

Io ero andato a trovarlo a casa a inizio febbraio, non avrò nemmeno la possibilità di dargli un bacio sulla fronte.

Nelle nostre stesse condizioni si trovano tutti quelli che hanno perso qualcuno che amavano. Non incolpo nessuno, non è una situazione normale quella che stiamo vivendo. E Gianca era così solare… “.

(fonte Ivan Zazzaroni per corrieredellosport.it).

ROMA – Una intera famiglia è stata falcidiata dal coronavirus a Voghera. Lo riporta la Provincia Pavese. Prima sono morti i due figli di 54 e 46 anni, Daniele e Claudio Bertucci, che per il Coronavirus erano stati ricoverati all’ospedale di Voghera. Ieri è toccato al papà Alfredo Bertucci, 86 anni, storico fabbro della cittadina in provincia di Pavia, mentre la moglie è ricoverata in gravi condizioni.

Coronavirus, i numeri in Italia.
Ieri, quindi venerdì 27 marzo, il giorno più nero dell’Italia, 969 morti in 24 ore che che fanno salire il totale a 9.134, coincide con un record che solo un mese fa era impensabile e che dà la dimensione della catastrofe: il numero complessivo dei contagiati nel nostro paese ha superato quello della Cina. 86.498 sono gli italiani che hanno contratto il virus mentre i cinesi sono 81.897; ma il gigante asiatico ha un miliardo e mezzo d’abitanti e noi siamo solo 60 milioni.

Ancora una volta è la Lombardia a far schizzare i numeri verso l’alto: dei 969 morti, 541 – dunque più del 50% – sono nella regione che sta pagando il prezzo più alto, con le province di Brescia e Bergamo travolte dai decessi. Nella tragedia, però, c’è un dato che lascia intravedere uno spiraglio di luce: anche oggi la curva di crescita dei nuovi malati – se ne sono registrati 4.401 che portano il totale a 66.414 – è rimasta ‘stabile’ e in linea con i giorni precedenti.

Dal 23 marzo, infatti, l’incremento giornaliero dei malati oscilla tra il 7 e l’8%, mentre una settimana fa si attestava attorno al 13-15%. Percentuali e numeri che fanno dire sia al presidente dell’Iss Silvio Brusaferro sia a quello del Consiglio Superiore di Sanità Franco Locatelli che siamo di fronte ad un “rallentamento della crescita”.

“Stiamo osservando segnali chiari di efficacia delle misure di contenimento, ma non bisogna deflettere dalle misure di distanziamento sociale” dicono gli esperti rendendo poi ufficiale quello che ormai hanno già capito tutti gli italiani: il 3 aprile non finirà la quarantena del paese. “Sarà inevitabile, non siamo in una fase marcatamente declinante ma in una fase di contenimento”. Ed anche dopo, quando la curva inizierà a scendere, bisognerà immaginare “alcuni mesi in cui adottare misure attente”.

Fonte: La Provincia Pavese, Ansa.
(ANSA) – “Sono passati 27 anni d’amore, di passione, di fedeltà e soprattutto la fortuna di aver indossato l’unica maglia che ho amato veramente…un amore che non avrà mai fine”. Firmato Francesco Totti. L’ex capitano e dirigente della Roma su Instagram dedica un post alla ricorrenza dei 27 anni dal suo esordio in Serie A con la maglia giallorossa, il 28 marzo 1993 sul campo del Brescia. Sempre sul suo account ufficiale Totti ha anche pubblicato nella sezione delle storie alcuni video di suoi gol con la Roma con in sottofondo la musica “It’a my life” di Bon Jovi. (ANSA).
Non è stato facile superare i primi sintomi da Coronavirus. E se per Rugani e Matuidi l’attacco da parte del Covid-19 era stato blando, a Paulo Dybala, l’ultimo giocatore della Juventus in ordine di tempo ad avere il responso della positività al Coronavirus, è andata peggio: “Un paio di giorni fa non sono stato bene, sentivo il corpo pesante e dopo cinque minuti di movimento mi dovevo fermare perché mi mancava l’aria” la rivelazione della Joya a JTv, il canale tv bianconero. I classici segnali da Coronavirus, che ormai abbiamo imparato a conoscere perché non si parla d’altro, ma descritti da un calciatore famoso fanno un po’ più paura. “Adesso sto bene, anche la mia fidanzata Oriana ha superato i sintomi” le rassicurazioni dell’argentino durante il programma “A casa con la Juve”. L’argentino ha svelato la sua grande passione (“Colleziono magliette, sono legatissimo a quelle di Buffon, Ronaldo e Messi: ho la fortuna di giocare con tutti e tre) e soprattutto alcuni retroscena sul passaggio in bianconero: “Era l’estate del 2015, vivevo a Palermo e avevo tante richieste: quando mi ha chiamato Paratici non ci ho pensato due volte, la prima cosa che ho fatto è stata abbracciare mia mamma”, ha raccontato Dybala.ANSA

Antonio Addesso, vice sindaco di Auletta, ricoverato nel reparto COVID 19 dell’ospedale di Polla, nel Salernitano, ha dichiarato all’Ansa che bisogna fare presto. “La nostra situazione è davvero preoccupante”, ha aggiunto Adesso. “Abbiamo bisogno di tamponi per salvare le persone”. L’appello il vice sindaco di Auletta lo ha rivolto a De Luca “da rappresentante delle istituzioni del Vallo di Diano e da infetto da coronavirus”. “Abbiamo tantissime persone malate in casa con febbre” – ha detto ancora Adesso – “e se riusciamo ad assisterle possono salvarsi. Dobbiamo fare presto. Ci servono i mezzi per curarle”.radiomarte
La tragedia del bambino di 3 anni scomparso a Metaponto di Bernalda, nel Materano, e ritrovato cadavere nei pressi della foce di un fiume ha toccato Greci. I genitori del piccolo infatti sono originari proprio del comune irpino, dove ancora risiede uno dei nonni. Il bambino, che stava giocando in casa, si sarebbe allontanato durante un attimo di distrazione dei genitori, imprenditori agricoli.-radiomarte-
Su iniziativa degli assessori del Comune di Napoli al Patrimonio e al Verde, Alessandra Clemente e Luigi Felaco, da lunedì partirà una sanificazione delle superfici esterne pavimentate e degli spazi verdi interni ai parchi di Edilizia Residenziale Pubblica non soggetti a pubblico passaggio. Gli interventi, eseguiti dalla Napoli Servizi ad integrazione di quelli quotidianamente realizzati dall’amministrazione tramite le sue società partecipate sulla pubblica via, saranno comunicati giorno per giorno sul portale web del Comune di Napoli fino a completamento di tutti i parchi. Lunedì si comincerà con il Lotto P3 (Ponticelli – Via Oplonti, Via dei Papiri Ercolanesi) e il lotto P4 (Ponticelli – Via Fauno).radiomarte
Un anno e dieci mesi di reclusione. Questa la pena che dovrà scontare un 43enne di Barra già noto alle forze dell’ordine, il quale nel 2010 e nel 2015 ha commesso reati di evasione e furto. L’uomo, inoltre, dovrà pagare una multa di quasi 15 mila euro.radiomarte